venerdì 13 aprile 2007

Beppe goal



Bulgarelli, Buso, Pecci, Ghetti, Cresci e Roversi erano i nomi che più ti davi in cortile a seconda delle caratteristiche di gioco che avevi. Ma uno solo voleva essere Beppe Goal. Perchè per noi cinni, Savoldi era solo un soprannome, che il vero, unico, nome era Beppe Goal.



Beppe faceva goal di testa, di piede, di rapina e su rigore (cosa che non sbagliava praticamente mai).
















Beppe aveva il gioco aereo perchè aveva giocato a basket (e questo seduceva enormemente noi cinni sedotti da Gary Schull e/o John Fultz).
Ma Beppe era sopratutto un simbolo.
Di cosa ? forse di una Bologna che si sentiva diversa dal resto del mondo e che, da questa diversità si sentiva penalizzata.











Perchè Beppe non lo fermava nessuno nè con i piedi e nè con le mani. E quando non lofermavano, allora lo buttavano giù... e l'arbitro lasciava proseguire...
Allora la curva si incazzava e fischiava e dava dei nomi all'arbitro e i più anziani scuotevano la testa e dicevano: "Lè sampair la solita storia! Chissà parchè...al Bùlagna an a brisa di sant in paradis !".
E si capiva che volevano buttarla in politica ma che si trattenevano.

In realtà questa frustazione la vivevo, nel mio piccolo anche io.















Beppe segnava, andava in Tv perchè unico giocatore a cui un racattapalle rubò il goal (Ascoli Bologna non ricordo che anno), ma in Nazionale non ci andava mai. Poco importava che c'erano centravanti come Boninsegna (per me uno dei migliori 5 centravanti nella storia de calcio italiano del dopoguerra), Anastasi , Pierino Prati e Chinaglia.
A beppe la Nazionale era dovuta.
E noi spingevamo anche criticandolo nei suoi (rari) momenti di crisi , che la curva ha sempre amato i suoi miti e, come in ogni grande amore, a volte si è un po' conflittuali per le grandi aspettative che si hanno.
Ma Beppe rimase solo un grandissimo dentro il perimetro bolognese che anche quando vinse la classifica dei capocannonieri la dovette dividere con Giggi Riva e Prati.
Andò poi sulle pagine dei giornali per il trasferimento a Napoli che scandalizzò per la cifra di 1.000.000 (record di allora). Per avere inciso un 45 giri che si chiamava Uhè ! (imitando Chinaglia e il suo I'm Football crazy) e che da qualche parte devo avere ancora) , tornò a Bologna e finì nello scandalo calcio scommesse.
Quando ho letto il libro di Petrini che parlava dell'argomento, ho saltato volutamente tutte le righe che parlavano di Beppe.
Non mi interessa sapere che uomo era.
Mi basta il ricordo di un dribbling contro il marciapede, di un rimpallo favorevole, di una zuccata fortunata e di un pallone che rotola oltre un cancello. E della gioia che accompagnava il mio grido in cortile: "BEPPE GOAL!"



























mercoledì 11 aprile 2007

Bob Vieri





















Bob Vieri era il nostro George Best, Meroni, Garrincha e quant'altro. Purtroppo (come forse suo figlio) amava più la gnocca del Bologna. Veniva dalla Juve e, dicevano che da Torino ci mandavano giocatori fantastici ma che non avevano la testa. Io, allora, non ci credevo, poi vidi Marrocchino che era capace di 6 dribbling in 3 metri quadri e poi si metteva sulla fascia opposta per stare all' ombra... Vieri era così.

Capace di fare impazzire un Burnich.

Capace di essere definito il primo Baggio italiano.

Capace di essere espulso nella partita più importante della stagione.

Questo era Vieri... il calcio che rimpiangiamo...

















Eraldo Pecci







Non sò se è più interessante la faccia di Civolani (già Civ) o quella di Eraldo, allora enfant prodige di un Bologna innamoratissimo di un centrocampista di nome Giacomo Bulgarelli.
Leggete le sue note biografiche qui sotto (prese dal sito Fede Rossoblù.com) e non chiederete mai più cosa vuol dire la frase Campione dentro e fuori dal campo.. Voglio aggiungere un Bologna Parma presentato dalla stampa

come la sfida Maifredi- Scala. Una serie B che vale una Champion. Eraldo fatica a rientrare ma sulla rimessa del portiere si butta in scivolata, poco fuori dell'area di rigore, e dà un assist a Marronaro che non se l'aspetta e non sfrutta. Tutto questo ad una età dove al massimo giochi a calcetto con gli amici... non porti il Bologna in serie A.
Eraldo Pecci cresce nel vivaio del Bologna e si rivela, fin dalle prime apparizioni in prima squadra, un regista dotato di grande abilità tecnica, notevole visione di gioco, acume tattico e di una spiccata personalità che lo portano a dirigere con naturalezza le operazioni in campo.
Pecci ha un carattere allegro e guascone, che lo spinge a dire battutacce a raffica durante gli allenamenti, ed in risposta ad una di queste, l'allenatore Pesaola, nel suo caratteristico accento argentino-napoletano, con un divertente gioco di parole lo definisce un "estronso".
L'esordio in serie A (a 18 anni) Eraldo lo fa addirittura contro la Juventus a Torino (insieme all'altro giovanotto di belle speranze Franco Colomba), ma è tutt'altro che intimorito. Dapprima causa il rigore per la Juve con un intervento su Bettega, poi si riscatta subendo fallo da Salvadore e procurandosi il rigore del pareggio. Oltre ad essere il protagonista dei momenti decisivi della partita, Pecci si prende anche un cartellino giallo dall'arbitro Casarin.
Eraldo risulta decisivo anche nella conquista della coppa Italia 1973/74, infilando l'ultimo e risolutivo rigore di spareggio nella finale contro il Palermo.
Il regista rossoblù nel campionato successivo scende in campo 24 volte, e le sue ottime prestazioni destano gli appetiti di mercato del Torino (all'epoca tra le squadre più importanti d'Italia). Il presidente del Bologna Conti fiuta l'affare e lo cede ai granata, dicendo (per giustificarsi coi tifosi) che Pecci, nonostante la giovane età, è affetto da un mal di schiena cronico che ne metterebbe in serio pericolo la carriera.
Ovviamente l'affermazione di Conti viene presto smentita dai fatti, visto che Eraldo è tra i protagonisti del Torino che vince il suo settimo Scudetto nel 1975/76 e milita in serie A (oltre che tra le fila granata anche con la Fiorentina, con la quale sfiora uno scudetto nel 1981/82, e il Napoli) fino al 1986, collezionando solo 6 presenze in Nazionale perchè non accetta di fare la riserva e chiede a Bearzot di non convocarlo più!
Proprio nella stagione che porterà per la prima volta il Napoli a vincere il tricolore, Pecci (dopo una lunga e laboriosa trattativa) torna nel Bologna per provare a riportarlo nella massima serie.
A 31 anni Eraldo è ancora un califfo del centrocampo ed in serie B è un giocatore che fa la differenza. Purtroppo quel Bologna non è all'altezza del suo regista e Pecci si riduce a predicare nel deserto.
La stagione successiva Pecci guida (da vero allenatore in campo) i giovani di talento voluti da Maifredi alla conquista di una trionfale promozione, innescando con i suoi lanci sapienti il gioco offensivo rossoblù e mandando in orbita il famoso calcio-champagne dell'allenatore Maifredi.
Altrettanto famosa è la paura che "Piedone" prova a salire su di un mezzo volante, che lo costringe a massacranti viaggi in auto nelle trasferte più lunghe.
In serie A il carisma e l'esperienza del capitano del Bologna sono fondamentali per evitare che il difficoltoso avvio di campionato travolga i molti giovani rossoblù all'esordio nella massima serie. Addirittura Eraldo, nonostante le 33 primavere, torna in campo 11 giorni dopo un'operazione al menisco (un record per l'epoca) ed è costantemente tra i migliori in campo del Bologna.
L'anno successivo Maifredi opta per un centrocampo più dinamico e muscolare, che non prevede la figura del regista classico, e per Pecci non c'è più posto. Al mercato autunnale viene ceduto al Vicenza (in C1) ed Eraldo accetta il trasferimento perchè l'allenatore dei biancorossi è il suo amico Romano Fogli. Dopo pochi mesi però Fogli viene esonerato e Pecci decide d'interrompere la carriera di giocatore senza nemmeno terminare la stagione.
Nel dopo calcio Pecci è anche curatore fallimentare del Bologna nel 1993 e in seguito general manager rossoblù, ma solo per pochi mesi.
Ora è un brillante volto della tv, sempre pronto con la sua simpatia a ravvivare trasmissioni e telecronache calcistiche sparando battute e freddure, a volte molto divertenti.

Sergio "Buster Keaton" Buso





Sergio Buso fù la grande rivelazione per noi quattordicenni tifosi del Bologna FC.


Sconosciuto ai più che non conoscevano Padova, Sergio partì da dietro, per giocare, infine da titolare. Parò un tot di rigori in quell'anno (tra cui uno al mitico Gigggi Riva) e divenne subito un mito.


Da allora, in cortile, fare il portiere non era più un'onta.



Era essere Buso.


Il massimo per un bolognese che giocava in porta nelle infinite partite da cortile.


Buso incarnò l'archetipo del giocatore professionista. Determinato ai massimi livelli, quasi scostante con i tifosi, Sergio si meritò il soprannome di Buster Keaton perchè non rideva mai. In compenso aveva un cervello che era un PC. Perchè Buso giocava con la testa imagazzinando dentro ogni dettaglio del suo avversario.


In quel campionato del 1974, il "giandone" che aveva sostituito il mitico Amos Adani (uno che faceva spogliatoio e che parava anche... benchè modenese) conquistò subito un posto nel cuore della curva che lo ringrazia con una prima pagina di QUI SPORT.


Non fece rimpiangere Vavassori (che era un grandissimo capace di prendere la palla in posizioni assurde, quarto migliore portiere italiano con concorrenti come Albertosi, Lido Vieri, Pulici, un giovane ma già grande Zoff, Superchi...ma... di non riuscire mai a parare un rigore) e uscì dal clichè del portiere matto ed artista che noi bolognesi abbiamo amato tanto.



A distanza di oltre 30 anni mi unisco oggi al coro:
GRAZIE SERGIO.
 
  • Google News
  • Edit-Me
  • Edit-Me
  • memorie
  • Santa-Caterina
  • Il-portico di SanLuca
  • Piazza Maggiore