giovedì 19 aprile 2007

GIUSEPPE VAVASSORI


Quando in cortile ti mettevano in porta voleva dire che eri uno sfigato.
Io che avevo i piedi quadri e i miei calci finivano spesso in cortili vicini, sui vetri dei piani rialzati e dovunque tranne dove dovevano andare, in porta ci stavo spesso.
Ma non mi interessava più di tanto , perchè, prima di Buso, il Bologna aveva Vavassori.
Era il tempo che i portieri vestivano di nero o, al massimo, di grigio. e ricordo che nel Bologna c'era questo personaggio in nero che se ne stava tra i pali e poi, magicamente, volava all'incrocio e dava uno schiaffetto alla palla buttandola oltre alla traversa.
Vavassori la cui figurina ondeggiava tra il Bologna e il Catania con Rino Rado e facendomi credere (anche per via dei colori) che ci fosse una specie di gemellaggio tra le due città.
Vavassori che uno dei "grandi" del cortile, sfegatato milanista, mi disse: se dovessi cambiare Cudicini lo cambierei solo con il vostro.
Vavassori, portiere in una era in cui i portieri erano un Zoff napoletano, Albertosi, Vieri, Superchi, Castellini, Pizzaballa e che avevano numeri 12 come Bordon poi titolare della Nazionale. Vavssori in una era di portieri dove potevi uscire senza il dogma del rigore e dove parare con ilpiede era una onta come un gol.
Vavssori che andava negli angoli alti con la leggerezza che rividi poi in un altro sport ad un certo Jordan-
Vavssori che in una interivsta alle vecchie glorie rossoblù confessò il suo cruccio di carriera: non essere mai risucito a parare un rigore.

FRANCO LIGUORI

Su testo del collega, amico, complice di questo Blog: Paolo Tattini
(grande Maesro di Filosfia Zannona)



Ero un bambino di 7-8 anni quando Franco Liguori giocava nel Bologna, allora tutti i giocatori rossoblù erano per me degli eroi, dei personaggi eccezionali, già solo la figurina Panini di un giocatore del Bologna mi dava una piccola emozione.




Ricordo che allora si parlava della sua vicenda come di una delle più tristi della storia dei giocatori rossoblù. Qualche tempo fa una bellissima puntata di “Sfide” ha raccontato quanto gli successe, ho così rinfrescato i miei ricordi di bambino e ancor di più pensando a quanto gli è accaduto sento un forte senso di ingiustizia e sfortuna che ancora oggi mi colpisce. Ho così fatto qualche ricerca e voglio così riprendere e rivivere quanto successe a questo giocatore che ebbe da madre natura tanto talento ma anche tanta sfortuna. Questa è il racconto della sua

storia:

Liguori si era messo in luce giovanissimo nella Ternana. Tre anni di C, poi la promozione de rossoverdi fra i cadetti. Non sono pochi a mettere gli occhi su quel talento tuttofare, uno che in campo potrebbe occupare ogni posizione. "Tanto che iniziai come centravanti. In seguito venni impiegato anche come ala destra. Fu poi Viciani, a Terni, a sistemarmi in mezzo al campo. Anche se all'occorrenza mi schierava terzino, non come marcatore, sia chiaro, bensì come fluidificante. Una novità assoluta per quegli anni". Nel 1970-71 Franco Liguori è un giocatore si serie A: indossa la prestigiosa maglia rossoblù ed appena arrivato diventa uno dei punti di forza della squadra guidata da Edmondo Fabbri. Il Bologna si aggiudica la Coppa di Lega Italo-Inglese battendo in finale il Manchester City e fin dalle prime giornate del campionato si dimostra una buona formazione e comincia ad inanellare risultati positivi. Buona parte del merito spetta proprio a Franco Liguori, giovane stantuffo dai piedi buoni, uno che garantisce i rifornimenti al cervello Bulgarelli ma non disdegna la sgroppata, il lancio, la conclusione, dotato anche di uno bello stile.







10 gennaio 1971: A San Siro si gioca Milan-Bologna. I rossoneri, primi in classifica, sembrano avviati a ripetere lo strepitoso torneo del 1968, quello che aprirà loro le porte alla conquista della Coppa dei Campioni. Anche gli emiliani navigano nelle zone alte della classifica, si tratta di uno scontro al vertice. Dopo un quarto d'ora la gara di San Siro è ancora ferma sullo 0-0: Liguori scende verso la trequarti, la sua inconfondibile falcata procede verso l'area milanista. Quando ecco irrompere sulla scena il polpaccio teso di Romeo Benetti, a chiudere sull'avversario alla "o la va o la spacca". La spacca: mentre il pallone viaggia rasoterra, l'intervento di Benetti è incomprensibile, assurdo, violento, crudele. Tacchetti che affondano nel ginocchio di Liguori, infischiandosene del pallone, l'arto del bolognese subisce una torsione anomala, incongrua. Tutto salta, tutto si fa buio: "Il ginocchio rimase attaccato a un solo legamento" ricorda Liguori. "Fu un intervento inconcepibile: era chiaro, guardando le immagini, che Benetti doveva fermarmi, bisognava impedirmi di fare il bello e il cattivo tempo”.
Per Liguori si schiudono le porte di una sala operatoria dell'ospedale di Lione. Il famoso professor Trillat, lo stesso che pochi mesi prima aveva dovuto rimettere in piedi Gigi Riva, ricompone il ginocchio del talento bolognese. Il quale però, nel frattempo, deve rinviare l'appuntamento con la Nazionale: "Valcareggi mi aveva contattato prima della gara col Milan: mi voleva in azzurro nell'amichevole di febbraio a Cagliari contro la Spagna..."
Per Franco Liguori, venticinquenne napoletano, è l'inizio di un calvario. "La domenica prima di giocare a San Siro, il 3 gennaio a Bologna, subii un infortunio alla caviglia 'grazie' al veronese Mascalaito che mi scaraventò addirittura contro i tabelloni pubblicitari. Fecero di tutto per rimettermi in piedi in vista della partitissima. E ci riuscirono. Purtroppo."Come si comportò Benetti? "Venne a trovarmi in clinica a Lione, insieme al capitano Rivera. Mi è capitato di incontrarlo ancora in qualche trasmissione. Mi ha confessato che il mio infortunio gli ha lasciato il segno per dieci anni. 'Sapessi a me' gli ho risposto".
Poi l'infortunio, la lenta riabilitazione: "Impiegai invece un anno esatto prima di calcare ancora un terreno di gioco. Per sistemarmi in panchina". Ma in quel Bologna 1971-72 Liguori, non ancora in perfetta forma, giocherà solo quattro partite. "Il peggio però venne nel 1972-73. Stavo bene, ero sicuro di essere tornato quello di una volta. Il nuovo allenatore Pesaola, però, non la pensava allo stesso modo. Mi fece giocare solo sette partite, senza mai fornirmi spiegazioni. Fu durissima. E devo ringraziare i vecchi, primo fra tutti Bulgarelli, che fecero di tutto per rincuorarmi”. Liguori in ogni caso capisce che in quel Bologna, non tira più l'aria giusta per lui: era arrivato giovane talento, pieno di energie e si ritrova a 27 anni, con il tempo che scorre e quel Benetti che, intanto, ha preso il "suo" posto in Nazionale.



Bisogna cambiare aria, e il cambiamento gli giova: Liguori è ceduto in prestito al neopromosso Foggia, l’allenatore che gli dà piena fiducia. "Disputai 26 partite in quella stagione. Certo il Foggia era un'altra cosa, tanto che alla fine retrocedette in B, ma io ero soddisfatto. Avevo dimostrato che ero ancora un calciatore, che il mio fisico rispondeva. Ero tornato quello di prima, pronto a rigiocare nel Bologna che mi aspettava a fine stagione."







Invece? "Invece andò diversamente. La società aveva ormai provveduto ad acquistare Maselli quale mio 'sostituto', mentre in panchina sedeva sempre Pesaola. Era chiaro che non c'era spazio. A novembre mi cedettero al Brindisi, in serie B, ma non ero disposto, dopo i sacrifici che avevo fatto a inizio carriera e durante il lungo periodo della riabilitazione, ad accettare un declassamento che non trovava riscontri tecnici. Così, al termine di quella stagione in Puglia, decisi di voltare ancora pagina: restavo nel calcio, avrei fatto l'allenatore."
Il legame tra Franco Liguori ed il Bologna non si esaurisce qui, sarà infatti lui l’allenatore di quel Bologna che per la prima volta dopo 73 anni nella storia scende nella derelitta serie B!!! Il campionato 1981-82 fu quello successivo a quello del bel Bologna di Gigi Radice che, nonostante il – 5 portò il Bologna al 7° posto. L’anno dopo la squadra fu affidata a Tarcisio Burgnich, ma subisce un indebolimento nell’organico, il presidente Fabbretti ha venduto i giocatori migliori (Dossena e Bachlechner), e la squadra lotta tra nelle ultime posizioni. A marzo si decide di affidare la squadra proprio a Franco Liguori che al tempo guidava la squadra giovanile. Dopo risultanti alterni, la squadra si trovò a giocarsi la salvezza nelle ultime giornate. Alla penultima di campionato ero allo stadio, e ricordo che mi esaltai a vedere il Bologna guidato da Fiorini battere per 3-1 all’Inter, la salvezza sembrava possibile. Non fu così: all’ultima giornata il Bologna perse per 2-1 ad Ascoli e così venne sancita la sua prima retrocessione. La carriera di allenatore di Franco Liguori venne così compromessa in modo irreparabile.







Aggiungo il Suo autografo originale. Lo presi al solito campo della Virtus in Via Valeriani e, ancora oggi ricordo la sua espressione tra lo stupito e il triste.
Perchè quando mi fece l'autografo, Franco era ai brodi del campo.
In borghese.
Dovunque tu sia... in bocca al lupo.




















lunedì 16 aprile 2007

PIERINO GHETTI

Tutti lo consideravano ancora un cinno. In effetti esorì giovanissimo e fu subito mito nel cuore di noi, che cinni lo eravamo sul serio ed eravamo cinni rossoblù.
Il fatto è che era un giocatore di Bologna. E per noi bolognesi che da secoli in mezzo alla pianura padana abbiamo nel DNA migliaia di eserciti che passavano di qua, era un fatto importante che un ragazzo delle nostre parti vestisse la casacca rossoblù.
In realtà non veniva proprio da Bologna, ma da Argelato. Paese perso in mezzo alla campagna e, allora, caratterizzato dalle alte torri di ferro del zuccherificio.
Ma se era uno dei nostri un certo Giacomino "Dottore" Bulgarelli che veniva da anche più lontano, , vuoi non adottare Pierino ?


A differenza del "Dottore" che giocava con goniometro e teodolite, Pierino ci metteva il fisico campagnolo e due piedi creati da qualche dio amante del pallone.
In campo metteva tre polmoni e li usava tutti.
Si smarcava dell'avversario (si giocava rigorosamente a uomo), prendeva il pallone, si innamorava dei dribbling e tirava pere di potenza bestiale.
Un cinno che che si prese i complimenti di un certo Burnich (l'uomo che marcava Pascutti e Pelè), che ci fece guardare le cartine stradali per vedere dove cavolo fosse Argelato e che ci rese orgogliosi della campagna fuori Bologna e della sua nebbia e dei suoi uomini.
Pierino Ghetti è oggi Presidente della Polisportiva Argelatese.
A lui, a distanza di anni, un grazie da parte di un tifoso rossoblù e di un cinno che voleva sognare e sapere dove fosse Argelato.

domenica 15 aprile 2007

EZIO

Fino ad una decina di anni fà quando entravi in un bar c'era un modo molto semplice per verificare la "Bolognesità" del luogo. Bastava alzare la testa e dietro al banco, in alto al posto di onore, c'era la foto in bianco e nero del goal di Pascutti all'Inter, quella in tuffo, di testa, con Burniche che allunga piedi e mani per contrastarlo. Invano.

In occasione della presentazione del libro che mio padre, Giuseppe Quercioli, ha voluto dedicare al suo amico Ezio, questi protestò ironicamente su quella foto.

"Sembra che abbia fatto solo quel goal" commentò "Bello ma ce ne furono di migliori"

Uno di questi fù senz'altro quello raffigurato nella foto qua sotto, solitamente attribuito ad una aprtita in casa contro la Roma (ma qualcuno dice che era il Mantova).

Su un cross si buttano in tuffo: un difensore e Nielsen mancando entrambi il pallone.

Lo prende Pascutti, di spalle alla porta e, con una torsione quasi inumana la butta dentro.

Senza parole...


 
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